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Parlare di sè migliora l'apprendimento

28-02-2020 11:21

Massimiliano Interlandi

Parlare di sè migliora l'apprendimento

A tutti piace parlare di sé. Siamo animali sociali e trascorriamo molto tempo a comunicare con gli altri. Gli argomenti di conversazione possono essere [...]

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Siamo il nostro argomento preferito.

 

A tutti piace parlare di sé. Siamo animali sociali e trascorriamo molto tempo a comunicare con gli altri.

 

Gli argomenti di conversazione possono essere infiniti: possiamo parlare di progetti, disavventure, raccontare storie divertenti; ricordare il passato e immaginare il futuro; condividere idee e diffondere informazioni. 

 

Questa nostra capacità di parlare con chiunque di qualsiasi cosa ci permette di aprire una finestra sul mondo e ampliare le nostre conoscenze. 

 

É curioso  però il fatto che in quasi tutte le conversazioni tendiamo a parlare sempre di noi stessi. 

 

Una stima quantitativa ha dimostrato che quando comunichiamo dedichiamo circa il 60% del tempo totale a parlare di noi arrivando a superare anche l'80% quando comunichiamo attraverso i social network.

 

Perché, in un mondo pieno di possibilità per scoprire, imparare, comprendere e discutere, preferiamo trascorrere la maggior parte del tempo a parlare di noi? 

 

Le recenti ricerche ci suggeriscono una semplice spiegazione: perché ci fa stare bene.

 

A giungere a questa conclusione sono stati dei ricercatori del Laboratory of Cognitive and Social Affective Neuroscience dell'Università di Harvard (Tamir e Mitchell, 2012) che hanno condotto uno studio utilizzando la risonanza magnetica funzionale (fMRI), una tecnica di neuroimaging non invasiva che registra i livelli di attività nelle varie aree cerebrali in base al flusso sanguigno (le aree più attive hanno bisogno di più sangue per trasportare più ossigeno e più nutrienti).

 

Durante l'esperimento i ricercatori hanno chiesto a 195 partecipanti di parlare, all'interno della macchina di risonanza magnetica, di questioni e aspetti legati alla propria sfera personale e, in una seconda fase, di parlare di quelli di altre persone.

 

Dopo avere confrontato i dati, i ricercatori hanno notato che quando le persone parlavano di sè attivavano tre distinte regioni del cervello:

 

La prima, come previsto, riguardava una maggiore attivazione delle aree della corteccia prefrontale mediale, generalmente associate al pensiero autoreferenziale (dove forse risiede la nostra personalità, il nostro modo di essere).

 

Sorprendentemente però è stata osservata anche l’attivazione di altre due regioni che non erano mai state associate al pensiero su sé stessi: il nucleo accumbens e l'area tegmentale ventrale, entrambi coinvolti nel sistema di rilascio della dopamina (l'ormone del benessere e del piacere).

 

Queste due aree del cervello sono anche associate al circuito della ricompensa che comprende, tra gli altri, i sentimenti piacevoli e gli stati motivazionali associati al sesso, ad alcune droghe e al buon cibo. 

 

L'attivazione di questo sistema quando raccontiamo le nostre cose suggerisce che parlare di noi può essere intrinsecamente più piacevole rispetto che parlare degli altri, anche se hanno delle vite più eccitanti della nostra.

 

Tuttavia, questo esperimento aveva lasciato un dubbio irrisolto. 

 

Sebbene i partecipanti avevano rivelato delle informazioni su di sé, non era chiaro se mentre lo facevano fossero consapevoli o meno del fatto che qualcuno prestasse loro attenzione. 

 

Per risolvere il dilemma i ricercatori hanno condotto un secondo esperimento e hanno chiesto ai partecipanti di portare un amico o un parente di fiducia che doveva ascoltarli mentre rispondevano a delle domande.

 

Si era anche stabilito che durante questa prova i partecipanti sarebbero stati esplicitamente avvisati quando le loro conversazioni venivano ascoltate dalle persone che avevano invitato o, al contrario, se parlavano da sole. 

 

Cosa succede al cervello quando gli altri ci ascoltano

 

Anche durante questo secondo esperimento le persone che parlavano di sé registravano un'attivazione delle regioni associate alla motivazione e alla ricompensa di gran lunga superiori rispetto a quando parlavano degli altri.

 

L’attivazione però aumentava esponenzialmente quando i partecipanti erano a conoscenza del fatto che ad ascoltarli c'era una persona di fiducia.

 

In sostanza il piacere di parlare di sé aumentava quando lo si faceva con altri.

 

Cosa c’entra tutto questo con l’insegnamento?

 

Beh! C’entra eccome! La scuola è il posto ideale dove gli alunni possono parlare di sé!

 

Come è possibile sfruttare in classe questa straordinaria caratteristica del cervello ?

 

Un’attività che è possibile svolgere con gli studenti è “l’assemblea”.

 

L’ assemblea consiste nel dedicare pochi minuti della giornata a un momento in cui gli studenti possono discutere e condividere qualcosa di sé tra di loro o con l'insegnante.

 

In fin dei conti nè più nè meno di ciò che già accade in molte classi il lunedì mattina quando chiediamo ai nostri alunni cosa hanno fatto durante il fine settimana.

 

Attraverso questa attività di storytelling gli alunni possono parlare di sé con gli altri, e questo come abbiamo visto a loro piace tanto.

 

Inoltre, l'assemblea ha anche altri benefici. Mentre gli studenti parlano imparano anche a:

 

  • conoscere come la pensano gli altri;
  • far parte di un gruppo e valorizzare la compagnia e l’amicizia;
  • rispettare le regole della convivenza;
  • accettare le differenze;
  • essere solidali;
  • prestare attenzione; 
  • sviluppare la memoria;
  • esprimersi bene;
  • espandere il vocabolario;
  • non interrompere e ascoltare rispettosamente

 

Studenti più felici e più motivati

 

Durante l'assemblea gli studenti beneficiano dell'esplosione del circuito della ricompensa e, quindi, di quell'emozione positiva che li predispone all'apprendimento. 

 

In questo articolo sono stati sottolineati molti aspetti gratificanti associati alla conversazione con gli altri.

 

Non bisogna dimenticare che questa è una delle caratteristiche adattative più importanti della nostra specie.

 

I nostri antenati quando confidavano delle informazioni private agli altri aumentavano le possibilità di sopravvivenza del gruppo. La condivisione dei loro pensieri permetteva di migliorare e ripensare agli sbagli, forniva un vantaggio quando si lavorava in squadra, portava a condividere nuove idee, innovare, creare, fornire soluzioni, sviluppare la memoria collettiva, ecc.

 

Stando quindi ai risultati del lavoro pubblicato da Proceedings of the National Academy of Science parlare di sé deriverebbe da un forte istinto di sopravvivenza; un semplice aspetto evolutivo il cui impatto positivo è stato confermato dalla neuroscienza.

 

 

Riferimenti:

 

 

Tamir DI, Mitchell JP (2012) Disclosing information about the self is intrinsically rewarding. Proceedings of the National Academy of Sciences 109:21 8038–8043. DOI: https://doi.org/10.1073/pnas.1202129109

 

 

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