Per quale motivo gli studenti sono più interessati a guardare dalla finestra gli uccellini che si posano sui rami anziché la lavagna che abbiamo riempito di formule matematiche e schemi di eventi storici accaduti secoli fa?
Le neuroscienze stanno cercando di capire quali sono i processi cerebrali che regolano il funzionamento dell’attenzione.
I risultati di queste ricerche investono molti settori della società e possono indicare la strada per cambiare il modo di fare didattica.
Chi si occupa di marketing pubblicitario conosce benissimo come funzionano i meccanismi che regolano l'attenzione e sa come sfruttarli al meglio per attivare i circuiti della ricompensa nella mente del consumatore.
Le grandi aziende fanno a gara per accaparrarsi i migliori esperti di neuromarketing perchè hanno bisogno di veicolare le nuove informazioni in modo da rinforzare le sinapsi e generare ricordi capaci di modellanre le abitudini e i comportamenti del pubblico.
"Viviamo nell'era dell'attenzione parziale continua"
Ma che cos'è e come funziona l'attenzione?
Per molti insegnanti rimane una creatura leggendaria di cui tutti hanno sempre sentito parlare ma che in pochi conoscono.
Reti di attenzione
Noi esseri umani, nonostante il dispendio di energia, siamo curiosi per natura.
Oggi sappiamo che l’attenzione è un processo cerebrale complesso che coinvolge diverse reti (o sistemi neurali) in specifiche aree cerebrali.
Lo psicologo americano Michael Posner, uno dei più celebri ricercatori nell’ambito dell’attenzione, ha elaborato un modello che postula l’esistenza di tre tipi di reti (o sottosistemi) attenzionali.
Secondo Posner questi tre sistemi sarebbero mediati da strutture indipendenti ma interconnesse e sovrapposte tra loro.
- Una rete di vigilanza che consente di sostenere lo stato di allerta. Ad esempio, quando lo studente rimane attento perché vuole conoscere il risultato di un esperimento di laboratorio (questo sistema è lateralizzato nella parte destra della corteccia cerebrale)
- Una rete di orientamento spaziale dell'attenzione che consente di selezionare la fonte dello stimolo sensoriale. Ad esempio, quando lo studente cerca il compagno di classe con cui deve svolgere l’esperimento in laboratorio (il sistema è localizzato nella corteccia parietale posteriore)
- Una rete esecutiva relativa ai processi di controllo e monitoraggio del comportamento volontario e che consente di regolare pensieri, emozioni o azioni. Ad esempio, quando lo studente tenta di risolvere il problema in laboratorio (si trova nella parte anteriore della corteccia cerebrale)
Il paradigma di Posner evidenza che l’attenzione non è qualcosa di unico ma è un sistema complesso e difficile da procurarsi con un semplice “ragazzi state attenti!”, specie quando l’unica fonte di stimoli è data dalla lavagna e dalla voce dell’insegnante.
Sebbene esistano anche altri meccanismi inconsci che permettono di mantenere l'attenzione, e che si ritiene siano importanti nella risoluzione creativa dei problemi, in questo articolo vedremo come protrarre l’attenzione e la concentrazione degli studenti durante le nostre lezioni.
Attenzione in classe: dalla teoria alla pratica
L'inizio della lezione è fondamentale
É dimostrato che gli esseri umani tendono a ricordare meglio gli elementi iniziali e finali di un discorso o di una lista (effetti primacy e recency).
É consuetudine però dedicare i primi minuti della lezione alla correzione dei compiti anzichè introdurre gli argomenti e i concetti nuovi in modo efficace.
Ciò rende necessario rivedere le nostre abitudini e provare a concepire la struttura della lezione in modo da renderla compatibile con i meccanismi di funzionamento del cervello.
Come?
Accendere la curiosità
In maniera molto semplice si potrebbe accendere la curiosità degli studenti iniziando la lezione con il classico metodo socratico che prevede una domanda provocatoria relativa a un problema reale in modo che gli studenti possano sentirsi anch'essi protagonisti nel processo di ricerca.
I killer della noia
Esistono diverse strategie pedagogiche in grado di catturare l'attenzione degli studenti. L'utilizzo di stimoli visivi, metafore, storie, attività di ricerca, dibattiti, letture, cambi di aula ecc. sono tutte strategie molto valide, a patto però che possano spezzare la monotonia e che siano in grado di apportare nuovi cambiamenti alla routine;
L'esperienza dell'insegnante consentirà di mantenere quel necessario equilibrio tra la novità e la lezione tradizionale.
Blocchi e pause
Secondo alcuni autori, la capacità di uno studente di mantenere l'attenzione varia, in media, tra 10 e 20 minuti.
Il peggioramento della prestazione dipende dal fatto che il sistema sensoriale si adatta, in certo senso alla situazione, diminuendo la sua sensibilità agli stimoli.
Il cervello infatti, dopo l’iniziale interesse per la novità (e dopo aver appurato che non si trova in pericolo), smette di prestare attenzione ed entra in una sorta di modalità “risparmio energetico”.
Naturalmente il cervello non smette mai di lavorare e inizia a divagare.
Per ottimizzare i tempi di attenzione in classe sarebbe meglio suddividere la lezione in più blocchi intervallati da brevi pause ciascuna della durata di qualche minuto.
Dopo ogni pausa è possibile ricominciare con qualcosa che deve suscitare interesse (primacy) come ad esempio un video, delle immagini, un lavoro cooperativo ecc.
Inoltre, i break cerebrali permettono al cervello di avere il tempo necessario per elaborare e consolidare le nuove informazioni.
Alla fine della lezione sarebbe utile rivedere i concetti più importanti (recency).
L'importanza delle emozioni
Quando ci troviamo pervasi da emozioni positive riusciamo a concentrarci meglio, essere più creativi e riusciamo mantenere vivo l’interesse.
Le emozioni positive favoriscono il rilascio di dopamina (l’ormone del benessere) e per questo sono motivanti.
Curiosamente, a scuola prevale un approccio centrato sulla ricerca delle lacune e non sui progressi.
Ad esempio, nella correzione dei test, prevale ancora la sottolineatura rossa degli errori, con pochissimi commenti positivi su ciò che è stato fatto correttamente.
Si impara meglio giocando a contatto con la natura
Il tentativo di mantenere l'attenzione per periodi prolungati esaurisce alcuni tipi di neurotrasmettitori della corteccia prefrontale. É stato dimostrato che una semplice passeggiata in un ambiente naturale può bastare a ricaricare i circuiti cerebrali che consentono all'attenzione e alla memoria di recuperare e migliorare.
Perfino i bambini con ADHD hanno dimostrato una certa riduzione dei loro sintomi a contatto con la natura.
Inoltre le neuroscienze hanno più volte dimostrato che il gioco e l'attività fisica in ambienti naturali sono molto efficaci per i processi di apprendimento.
Il ruolo delle funzioni esecutive
La localizzazione dell’attenzione esecutiva coincide con quella delle funzioni esecutive esercitate nei lobi della corteccia prefrontale, ovvero quelle che consentono di scegliere, pianificare e prendere decisioni consapevolmente e volontariamente.
Questo tipo di attenzione è quella specifica per lo studio perché permette di mantenere il controllo sulle sensazioni e concentrare le energie su una determinata cosa ignorando le fonti di disturbo.
L'attenzione richiede autocontrollo
Quando le funzioni esecutive non funzionano adeguatamente è difficile prestare attenzione. Tuttavia diversi studi hanno dimostrato che è possibile allenare l'attenzione con dei specifici programmi computerizzati o degli esercizi mirati.
Anche le normali attività artistiche come suonare uno strumento musicale o partecipare a uno spettacolo teatrale possono migliorare i tempi di attenzione perché obbligano il cervello a doversi concentrare e eliminare gli stimoli irrilevanti.
Partecipazione attiva
È importante promuovere la metacognizione con attività che rispecchiano il contesto della vita reale e con argomenti e materiali pertinenti con gli interessi degli studenti.
Lo studente, a differenza che nella lezione tradizionale, si trova ad avere un ruolo attivo e può riflettere su ciò che fa e impara (l’apprendimento basato su progetti è un approccio molto efficace per raggiungere questo scopo).
Mindfulness in classe
É stato dimostrato che la meditazione mindfulness migliora l'attività dei circuiti della corteccia prefrontale, essenziali per mantenere l’attenzione, e quelli della corteccia parietale, ovvero quelli che orientano l'attenzione focalizzandola su un obiettivo specifico.
Questa tecnica, insieme ai programmi di educazione socio-emotiva, può essere applicata con facilità in ogni classe ed esistono tanti corsi per insegnanti riconosciuti dal MIUR.
Inoltre, non tutti sanno che esiste un Protocollo d’Intesa tra il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (MIUR) e la Federazione Italiana Yoga (FIY) che viene rinnovato ogni anno proprio per incentivare l'inserimento di questa pratica nelle scuole.
In conclusione
Negli ultimi anni le neuroscienze cognitive hanno fornito importanti informazioni sui processi cerebrali che attivano e protraggono l’attenzione. Le conoscenze sulle diverse reti di attenzione, e in particolare sull’attenzione esecutiva, devono guidare le strategie di insegnamento del futuro.
Per migliorare l'apprendimento, lo studente deve poter essere messo nelle giuste condizioni di riflettere, indagare e mettere in relazione i nuovi concetti con le conoscenze pregresse, in breve, approfondire. Per far questo però è necessario avere una mente concentrata, circostanza che è possibile ottenere solo quando il cervello (in particolare la corteccia prefrontale) può sfruttare al massimo i naturali meccanismi che regolano l'attenzione.
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Riferimenti:
1. Berman M. et al. (2008): “The cognitive benefits of interacting with nature”. Psychological Science, 19.
2. Davidson, Richard, Begley, Sharon (2018). La vita emotiva del cervello, Ponte alle Grazie.
3. Goleman, Daniel (2014). Focus. Come mantenersi concentrati nell'era della distrazione, BUR Biblioteca Univ. Rizzoli
4. Jensen, Eric y Snider, Carol (2013). Turnaround tools for the teenage brain. Jossey-Bass.
5. Kuo F. y Faber Taylor A. (2004): “A potentional natural treatment for attention déficit/hyperactivity disorder: evidence from a national study”. American Journal of Public Health, 94.
6. Mora, Francisco (2013). Neuroeducación: sólo se puede aprender aquello que se ama. Alianza Editorial.
7. Posner, Michael I. y Rothbart, Mary K. (2007). Educating the human brain. American Psychological Association.
8. Rueda M. R. et al. (2005): “Training, maturation, and genetic influences on the development of executive attention”. Proceedings of the National Academy of Sciences, 102.
9. Rueda M. R. et al. (2012): “Enhanced efficiency of the executive attention network after training in preschool children: Immediate changes and effects after two months”. Developmental Cognitive Neuroscience, 2.
10. Tokuhama-Espinosa, Tracey (2011). Mind, brain, and education science. A comprehensive guide to the new brain-based teaching. W. W. Norton & Company.